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“Ma perchè quel Mariano Sotgia non gioca in Serie A?”

Partiamo dalla fine.
Sven Goran Eriksson, allenatore della Lazio, si presenta in sala stampa e con il suo solito aplomb spiazza tutti: “Prima che possiate farmi qualsiasi domanda, mi spiegate perchè quel Sotgia non gioca in Serie A?”.
E’ il giorno mercoledì 1 dicembre 1999, allo stadio Bruno Benelli si gioca Ravenna-Lazio, gara di andata degli ottavi di finale di Coppa Italia.
Finisce 1 a 1, gol di Boksic e Vecchiola.
Ma al di là del risultato, va in onda il Mariano Sotgia Show: Lombardo (mica uno che non corre…) non riesce minimamente a contrastarlo, il buon Sven cambia fascia al pelato e dirotta Gottardi sulle tracce del tamburino sardo…niente da fare, Mariano imperversa.

Il tamburino sardo

Mariano Sotgia con la maglia del Ravenna

Mariano Sotgia

Mariano Sotgia da Ozieri, ma in realtà oschirese, è stato uno dei centrocampisti più amati nella storia del Ravenna Calcio.
Ancora oggi, puoi sentire qualcuno dei “vecchi” in Curva Mero canticchiare il coro solo a lui dedicato, sulle note de La Famiglia Adams: “Lo sai cosa ci vuole / per vincer la partita / un magico Mariano / che faccia sempre gol / Sotgia gol / Sotgia gol…”.
In realtà, Mariano non ha segnato tantissimi gol nella sua carriera…a parte quando incontrava il Modena, contro cui per chissà quale coincidenza astrale, si esprimeva solo a doppiette e triplette
La specialità della casa era partire palla al piede ben al di qua della metacampo difensiva, farsi tutto il campo danzando sulla linea laterale e abbattendo avversari come birilli, arrivare a fondo campo e buttare in mezzo cross a ripetizione.
Un’ala destra degna di questo nome, di quelle che il calcio moderno ha perso.
Ovviamente, era sempre tra gli ultimi a mollare…insomma, uno di quei giocatori che una curva non può non amare.

Non male quella squadra…

Non era davvero niente male quella squadra: in porta, un non più giovanissimo Cervone aveva comunque ancora qualcosa da dire.
In difesa, rigorosamente a quattro, ricordo con particolare affetto Dall’Igna, a cui una partita sì e l’altra pure usciva la spalla: lui si metteva a bordocampo, se la risistemava prima che il medico sociale potesse arrivare, e rientrava in campo a battagliare. Così quasi ogni santa domenica.
In mezzo, Atzori e Cristante. A sinistra, Pergolizzi o Lamonica.
A centrocampo si giocava a quattro: a destra Sotgia, a sinistra “Gesù Cristo” Centofanti, in mezzo Nonno Bergamo e Pregnolato.
In attacco, sua santità il fenomeno Dell’Anno agiva dietro l’unica punta Murgita o Grabbi, con Vecchiola pronto a subentrare.

A dieci centimetri dal sogno

E poi…e poi, nessuno ci crede, ma al ritorno quella Lazio la stavamo per fare fuori, e solo chi era all’Olimpico come me, per una di quelle trasferte che resteranno nella leggenda, può saperlo. Perchè le fredde cronache non raccontano tutto, solo una versione senza sentimenti di tutto quel groviglio di emozioni che la tua squadra del cuore ti sa dare.
Siamo a 5 minuti dalla fine, la Lazio conduce per 2 a 1, gol di Mihajlovic, Simone Inzaghi e proprio lui, Mariano Sotgia.
Eriksson, per l’occasione, ha rispolverato l’artiglieria pesante: gioca la Lazio titolare, evidentemente facciamo paura.
C’è un calcio d’angolo per noi, il bomber Corrado Grabbi, che è entrato nel secondo tempo al posto di Vecchiola, si trova nel posto giusto nel momento giusto.
Inventa un colpo di tacco che io ricordo magnifico, alla Mancini, e mentre la palla si avvia verso la rete, un bifolco locale (che nei miei ricordi confusi e nell’associazione di idee col concetto di bifolco, non posso che avvicinare a Fernando Couto), salva sulla linea.
Fosse entrata quella maledetta palla, avremmo messo in campo le nostre di palle (più un altro difensore) e avremmo difeso in undici sulla linea di porta fino al glorioso finale…
E invece, prima Mihajlovic su punizione e poi Boksic in contropiede, firmarono il 4 a 1 finale, togliendo anche veridicità al nostro racconto…”Stavamo per passare il turno!!!”…”Ma se avete perso 4 a 1!”.

Gli eroi lo sono per sempre!

L’anno successivo, Sotgia fu ancora il più presente con 37 presenze, perchè lui la faccia ce la metteva sempre.
Cambiammo però 4 allenatori e una decina di presidenti, finchè l’ultimo che non voglio nemmeno nominare, svuotato per bene ciò che era rimasto in cassa, prima ci fece retrocedere sul campo, e infine tentò l’ultima carta della fideiussione falsa presentata sulla carta da pane, venendo clamorosamente (chi l’avrebbe ma detto???) scoperto e sancendo il primo nostro fallimento.
Nel veloce lampo di un’estate, ci addormentammo col fresco ricordo dello Stadio Marassi di Genova e ci svegliammo con l’imminente incubo del Comunale di Masi Torello.
Di Sotgia persi le tracce: leggevo ogni tanto che era tornato sull’Isola e che allenava con buoni risultati l’Olbia.
Aveva fatto anche un passaggio in politica, come Assessore allo Sport del comune di Oschiri, finchè un giorno sfogliando come sempre La Nuova Sardegna online, mi imbattei in questo titolo: “L’ex calciatore di serie A Mariano Sotgia salva la vita a due persone. Erano svenute per le esalazioni del mosto, in una cantina“.
Il nostro eroe di decine di domeniche sportive, eroe lo era ancora e lo era per davvero.
Due lacrimucce mi sono scese d’istinto, e me lo sono visto ancora correre sulla fascia senza che nessuno, ancora una volta,  potesse fermarlo.

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