Il 14 marzo 2017 non è stato per me un giorno come gli altri, ma cosa c’entra Henry Ford?
Il pomeriggio precedente avevo avuto una risposta, positiva, ad un colloquio di lavoro e dopo quasi undici anni di “servizio”, avrei dovuto comunicare alla mia attuale azienda le mie dimissioni.
Per carità, ci possono essere situazioni molto più difficili e stressanti di questa nella vita di un uomo.
Ma cambiare qualcosa che fa parte della tua abitudine, e che riempie metà delle ore della tua giornata (e i due terzi delle ore in cui sei sveglio), non è esattamente facile.
Così… bussai alla porta ed entrai.
Non trovare il difetto. Trova il rimedio.
Avete presente quei calendari, molto basici nella grafica, che riportano per ogni giorno dell’anno un massima di qualche persona famosa?
Quel giorno, entrando nell’ufficio del mio responsabile, buttai l’occhio al calendario e c’era questa frase di Henry Ford: “Non trovare il difetto. Trova il rimedio.“.
A parte che Ford è stato sempre stato, ricordo dei miei studi in Scienze Politiche, un personaggio a cui mi sono approciato con ammirazione.
Ma in quel momento, in quella situazione, mi sembrava esattamente l’unica cosa che avesse senso dire.
Non avevo litigato con nessuno, non me ne andavo sbattendo la porta, non avevo recriminazioni da fare.
Semplicemente, c’era PER ME un difetto in quell’impianto di lavoro: non ero considerato per il molto che POTEVO dare, ma per il poco che DOVEVO dare per adeguarmi ad una struttura vecchia, nelle procedure e nei processi, diretta discendente di un mondo che non esiste più.
Trovato il difetto, non restava che trovare il rimedio.
E in un attimo mi sono accorto che che avevo passato molto tempo a cercare di trovare il rimedio: prima proponendo qualcosa che rompesse certe logiche, sentendomi dire “Sei polemico“.
Poi chiedendo che mi venisse riconosciuta, almeno a livello formale, un’importanza all’interno dell’azienda.
E infine cercando un nuovo lavoro, senza paura di cambiare, senza paura di rimettermi in gioco, senza mai più (l’ho promesso a me stesso!) tarparmi le ali per la ricerca della (finta) stabilità.
Così, quello che dissi in quel momento lo dissi con estrema tranquillità. Come risultato finale di un processo in cui avevo finalmente trovato il rimedio.
Que sera, sera…
E oggi sono qui, work in progress.
E’ spiazzante, dopo undici anni, ogni mattina girare a destra e non più a sinistra al semaforo in fondo alla strada di casa mia.
Cambiare il bar della pausa pranzo, i compagni della pausa caffè e i temi delle chiacchiere tra una sessione di lavoro e l’altra.
Per non parlare di tutto il resto…
Ma non vorrò mai più essere ospite silenzioso e accondiscendente di una struttura lavorativa, nè tantomeno (quanto lo odio!) lamentarmi e non cercare di cambiare le cose.
Pensiero -> Azione.
Questo il mio mantra.
E spero che nessuno mai tolga dal mio (ex) ufficio il foglio di quel calendario, che ho ritagliato e appeso affianco alla postazione.