Campioni d’Italia
L’ho detto e ridetto mille volte: da tifoso ho avuto la fortuna di vedere la mia squadra del cuore partire da metà classifica di A2 e andare a vincere lo Scudetto. Campioni d’Italia.
Non è solo un gioco: quel giorno a Reggio Emilia ho capito che tutto si può raggiungere nella vita.
Ci vuole tenacia, fantasia, qualità umane superiori e un buon progetto. Solo così si può ottenere qualsiasi cosa.
Per giorni…settimane…facciamo mesi va, ho teorizzato la “Via sarda al successo“: il segreto di quella vittoria non stava secondo me solo in una squadra oggettivamente forte, fortissima, piena di talento.
Il segreto del nostro successo stava nel non aver voluto copiare i modelli del Nord, quelli con tanti soldi e i giocatori forti ma insolenti tagliati ogni settimana, per costruire un basket folle pensato e giocato a cento all’ora, con un nucleo di italiani a fare da collante a bravi ragazzi americani.
Io ci ho sempre creduto!
Nessuno mi crede, ma dall’inizio dell’anno sportivo continuavo a ripetere: guarda che lo scudetto lo vinciamo noi.
Nei giorni in cui qualcuno auspicava il taglio di Dyson (perdonali…non sanno quello che dicono), andavo ripetendo che Dyson andava confermato…e che se fosse esploso anche lui, ci sarebbe stato da ridere.
Ripensiamoci un secondo: Logan e Dyson a sparare da ogni lato con una imprevedibilità assoluta.
Brooks a fare da equilibratore.
Sanders a esplodere il suo strapotere fisico quando era necessario.
Lawal (Shane…) con la fame di chi vuole arrivare a strappare rimbalzi.
Pronti a entrare: Sosa per portare casino organizzato, Devecchi ad asfissiare in difesa la punta di diamante avversaria, Kadji a portare freschezza atletica e tiro da tre, Sacchetti con le sue bombe chirurgiche e qualche rimbalzo di volontà, Formenti a sgomitare per due minuti nell’olimpo. Vanuzzo a vigilare che tutto andasse per il meglio. Infne Chessa a ricordare che Caz, semmu a Tattari.
Chiudete gli occhi e ripensateci: avete mai visto una squadra costruita meglio?
Il quinto posto alla fine della Regular Season non mi spaventava: per vincere lo scudetto, devi batterli tutti. Chi prima e chi dopo.
E quando Shane coniò il motto, stampato poi sulle magliette distribuite al palas (ho già detto che odio queste americanate?), “Not earlier, not later, just now!“… beh, la palla del Cincia qualche settimana dopo sarebbe anche potuta entrare spezzando il sogno…ma ripensandoci…no, non sarebbe mai entrata.
Io c’ero!
Ebbene sì, io c’ero!
Ero tra quei 150 o forse più fortunati che erano al Pala Bigi quel 26 giugno 2015, in c… ehm, in barba alla capienza massima di 50 posti del settore ospiti.
Quel giorno si concludeva un percorso folle e appassionante allo stesso tempo, che ci aveva visto partire dimessi dalla quinta piazza per affrontare subito Trento, come nei playoff di quest’anno.
Regolata la squadra di Coach Buscaglia, in maniera anche abbastanza netta, arrivava la corazzata Olimpia Milano, già battuta in finale di Coppa Italia e Supercoppa.
Solo i pazzi potevano pensare ad un triplete. I pazzi, i sognatori, e la squadra di Meo.
Gara 5 di quella partita c’è l’ho impressa nella mente, non fosse altro perchè l’ho seguita in un bar di Trapani (mai prenotare le vacanze con grande anticipo..), atttorniato da trapanesi che stavano partecipando ad una festa.
Ebbene, l’entusiasmo travolgente che solo il gioco del basket sa regalare, fece sì che per tutto il supplementare di David Logan una parte di Trapani soffrisse e tifasse con noi per la Dinamo Sassari…per poi esplodere con noi alla fine. E’ finale.
E vennero poi i giorni della sfida di Reggio Emilia… a raccontarli mille volte, sono certo, non riuscirei a rendere l’idea.
Le giornate, in famiglia e al lavoro, erano scandite da quell’appuntamento fisso che arrivava ogni 48 ore: un’ora di permesso al lavoro, macchine compattate a Imola, viaggio verso Reggio, parcheggio zona cimitero e inferno (sportivo) nel catino ribollente del Pala Bigi.
Buona la terza!
Non oso pensare cosa sia stata la stessa routine per chi vive nell’Isola, e cosa siano state quelle partite vinte in casa al limite del supplementare.
So però cosa ha voluto dire presentarci alla prima in casa loro con i berrettini da Babbo Natale per questioni scaramantiche… ma senza ottenere alcun risultato.
So cosa ha voluto dire presentarci alla seconda, e perdere di nuovo senza appello.
E mi ricordo, infne, le facce stravolte dalla gioia quando la preghiera lanciata in aria da Drake Diener non toccò neppure il ferro.
“Campioni d’Italia, di Sardegna e del Regno delle Due Sicilie“: con questo SMS annunciavo al mondo intero la nostra impresa.